Approfondimenti

Sulla parete sudovest, Vasari raffigura la storia di Apelle e il ciabattino, basandosi, anche in questo caso, sulla versione narrata da Plinio. Il pittore greco Apelle, terminata una sua opera, aveva l’abitudine di esporla in pubblico, poiché riteneva che dal giudizio degli osservatori non competenti spesso potessero scaturire molte indicazioni giuste. Egli stesso, in tali occasioni, usava nascondersi per evitare di influenzare le opinioni del pubblico con la sua presenza. Un giorno giunse ad ammirare un’opera di Apelle un ciabattino, che, dopo aver osservato attentamente il dipinto raffigurante la Dea Diana, criticò duramente il modo in cui erano stati raffigurati i calzari. Apelle, ritenendo la critica appropriata, corresse il dipinto, seguendo le indicazioni ricevute. Il giorno seguente, lo stesso ciabattino ritornò, una seconda volta, ad ammirare l’opera. Rallegratosi del fatto che Apelle avesse dato ascolto alle sue parole, il ciabattino mosse una nuova critica, questa volta, giudicando la maniera in cui era stata dipinta una gamba. Adirato, Apelle uscì fuori dal suo nascondiglio e redarguì il ciabattino con la frase, divenuta proverbiale: Ciabattino, non andare oltre le scarpe“, ossia, in altre parole, non spingerti oltre il campo per il quale sei competente. Questa storia introduce un tema importante nella critica e teoria artistica cinquecentesca, ovvero a chi, tra l’artista e il conoscitore d’arte, spetti il compito di esprimere un giudizio valido sull’arte.

Donato di Niccolò di Betto Bardi, meglio noto come Donatello (Firenze, 1386 – Firenze, 13 Dicembre 1466), nasce a Firenze nel 1386. Scultore, orafo e anche disegnatore, è considerato uno dei padri del Rinascimento italiano, insieme con l’amico Filippo Brunelleschi e con il Masaccio, oltre che creatore e massimo rappresentante del classicismo umanistico fiorentino. Della sua formazione si può affermare con certezza che nel 1403 è alle dipendenze dell’orafo e scultore Lorenzo Ghiberti, nella sua bottega. La prima porta del Battistero fiorentino, nelle rifiniture, porta la firma di Donatello, oltre che quella del suo maestro.
Nel 1407 il grande scultore lavora al fianco di Nanni di Banco, per committenza dell’Opera del Duomo, ad una serie di statue in cui è evidente il tentativo da parte di entrambi di superare e rinnovare il linguaggio gotico e tardo-gotico allora imperante nell’arte fiorentina. Nel David in marmo, realizzato nel 1409, Donatello comincia a lavorare sulle ondulazioni, invigorendone la natura plastica, ancora debitrice dello stile gotico.
Gli anni che vanno tra il 1404 e il 1408 sono molto importanti per l’artista fiorentino. Oltre a prendere parte ai lavori architettonici e scultorei del Duomo fiorentino, del Campanile e dell’Orsanmichele, compie dei fruttuosi viaggi a Roma insieme con Filippo Brunelleschi. Qui, entrambi, restano affascinati dall’arte antica. L’esito di questi viaggi lo si trova da subito in Donatello, quando porta a termine nel 1416 la statua del San Giorgio, per una nicchia dell’Orsanmichele, e nel rilievo sulla base con “La liberazione della principessa dal drago”.
La statua diventa ben presto un simbolo dell’Umanesimo, della visione eroica dell’uomo quattrocentesco, la cui forza è esaltata dalla collocazione del volume in uno spazio calibrato, concepito secondo i dettami della prospettiva di Brunelleschi. La razionalità delle misure cara all’amico e architetto, viene forzata in modo geniale da Donatello in un’altra opera altrettanto cardinale della sua produzione: “Il sacrificio di Isacco”, per il gruppo del Campanile, del 1421.
Quattro anni dopo, nel 1425, Donatello apre bottega insieme con il Michelozzi, all’anagrafe Michelozzo Di Bartolomei, anche lui grande scultore e architetto italiano. Il sodalizio dura fino al 1433. In questo arco di tempo vedono la luce opere come la formella bronzea del fonte battesimale del Battistero di Siena, con lo splendido Banchetto di Erode realizzato da Donatello, o le tombe dell’antipapa Giovanni XXIII nel Battistero fiorentino o, importanti, quelle del Cardinal Brancacci per Sant’Angelo a Nilo, a Napoli. In quest’ultima opera, datata 1427, Donatello applica magistralmente la tecnica da lui inventata dello “stiacciato” o “schiacciato”, rilevabile nel rilievo dell’Assunta, in cui applica delle variazioni al millimetro degli spessori, funzionali però alla creazione di uno spazio illusorio.
Tra il 1432 e il 1433 lo scultore fiorentino compie un nuovo viaggio a Roma. Durante questo soggiorno, sempre con Michelozzo, realizza il “Tabernacolo del sacramento” in San Pietro e la “Lastra tombale Crivelli” all’Aracoeli. Ma è al ritorno, nella sua Firenze, che Donatello porta a termine alcuni dei suoi indimenticati capolavori, come il celebre bronzo “David”. Nel nudo, a tutto tondo, si rilevano le influenze degli studi classici compiuti durante il soggiorno romano: il modello infatti, è quello della statuaria antica, ma l’originalità di Donatello sta nella fusione tra la rievocazione dell’antico e l’irrequietezza del modellato, in cui è in atto una continua modulazione di luce e ombra. Altra opera coeva al David di Donatello, è la Cantoria del Duomo di Firenze in cui, come nel Duomo di Prato, si “sfrenano” i putti nelle loro danze, segno anche della varietà di ispirazione del grande scultore.
Tra il 1435 e il 1443 termina anche la drammatica concitazione degli Apostoli e dei Martiri alle due porte in bronzo della Sacrestia della vecchia chiesa di San Lorenzo, a Firenze. Proprio nel 1443 Donatello è chiamato a Padova per eseguire il monumento equestre al capitano di ventura Erasmo da Narni detto il Gattamelata. La sua permanenza dura circa dieci anni. L’opera padovana è importante perché consente a Donatello di rinverdire gli stilemi tardo-gotici ancora in auge nel settentrione. Il Rinascimento, da quel momento, si diffonde in tutta l’Alta Italia.
Con gli scultori locali Bellamo e Riccio, in questi anni lavora anche al monumentale altare del Santo, nell’omonima Basilica. L’opera Il Gattamelata invece, eseguita dal 1447 al 1453 e ispirata all’antichità, è importante per la visione ritrattistica del volto del protagonista, fissato in un’espressione di contenuta tensione.
Nel 1454 Donatello rientra nella sua Firenze. Anziano, continua la sua attività artistica nella sua bottega, nella quale figura come lo scultore Bertoldo. A quest’ultimo periodo risale il coronamento bronzeo della Giuditta e Oloferne, a Palazzo Medici, realizzato tra il 1455 e il 1460.
Donatello muore a Firenze il 13 dicembre del 1466 all’età di 80 anni.

 

Filippo di ser Brunellesco Lapi (Firenze, 1377 – Firenze, 15 Aprile 1446), nasce nel 1377 a Firenze, figlio di un notaio. Abbandonata ben presto l’intenzione di seguire le orme del padre, lavora in bottega come orafo: e di oreficeria sono le sue prima opere, come dimostra la collaborazione alla creazione dell’altare d’argento di San Jacopo a Pistoia. Benché faccia parte della corporazione degli orafi, comunque, egli si interessa soprattutto all’architettura; e così, mentre la sua attività in bottega si rivela sempre più svogliata, maggiore passione viene dedicata agli studi prospettici, con numerosi esperimenti ottici dall’importante valore scientifico.
Nel 1401, dunque, Filippo partecipa al concorso fiorentino indetto dall’Arte dei mercanti di Calimala per dare vita alla seconda porta del Battistero. Le fonti a proposito del risultato finale del concorso non sono chiare: c’è chi parla di una vittoria con il Ghiberti ex aequo, chi parla di un secondo posto. Di sicuro, fino al 1416 egli non torna più in città dopo essersi recato a Roma insieme con l’amico Donatello.
Proprio nella Città Eterna studia con entusiasmo la classicità, non tralasciando altre materie: Brunelleschi, infatti, non è solo un architetto eccezionale, ma anche un ingegnere militare, un matematico, un ingegnere navale, un esperto di geometria, uno studioso della letteratura, un inventore, un esperto di edilizia, un creatore di strumenti musicali e un appassionato della “Divina Commedia” di Dante Alighieri. Nel 1418, Filippo partecipa a un concorso finalizzato alla realizzazione della Cupola del Duomo di Firenze: sarà questa la strada che lo consacrerà dal punto di vista artistico.
Inizialmente affiancato dal Ghiberti, che tuttavia si fa da parte dopo breve tempo (al punto che gli storici dell’arte sono concordi nel non considerarlo padre di alcun intervento sulla Cupola), egli conclude l’opera solamente nel 1436: durante questo periodo, naturalmente, si dedica anche ad altri progetti, come l’Ospedale degli Innocenti del 1419, la Sagrestia Vecchia del 1421, la Chiesa di San Lorenzo del 1423, e ancora la Cappezza de’ Pazzi, Santa Maria del Fiore, la Chiesa di Santo Spirito e Palazzo Pitti, negli anni Trenta del XV secolo.
La Chiesa di Santo Sprito costituisce un capolavoro basato sulla combinazione tra pianta centrale e croce latina: l’intera struttura, inclusi il capocroce e il transetto, è circondato da un colonnato di campate quadrate, dando origine a un camminamento in cui si aprono 40 cappellette a nicchia. La cupola si trova all’incrocio dei bracci, pensata in origine dal Brunelleschi priva di tamburo in maniera tale da favorire la luminosità della mensa dell’altare centrale.
Nel corso di questi anni, inoltre, egli viaggia molto, soggiornando in diverse città italiane: a Mantova, Ferrara e Roma per esigenze artistiche, a Pisa e Lucca per mettere a disposizione le proprie conoscenze di ingegneria militare, a Firenze per creare impianti di scenotecnica (per esempio quello realizzato durante una rappresentazione dell’Arcangelo Gabriele in San Felice in Piazza).
Nel 1445 viene inaugurata la prima architettura iniziata da Brunelleschi, cioè lo Spedale degli Innocenti: allo stesso anno risalgono l’avvio dei lavori per le Tribune del Duomo, in realtà progettate sette anni prima, e la messa in opera della lanterna.
Muore, nella notte tra il 15 e il 16 aprile del 1446, a Firenze. La sua tomba viene collocata dapprima in un loculo facente parte del campanile di Giotto, e quindi spostata in Duomo: verrà riscoperta solamente negli anni Settanta del Novecento, grazie agli scavi sotto la cattedrale della Chiesa di Santa Reparata.
Scenografo, scultore e architetto, Filippo Brunelleschi viene unanimemente riconosciuto come uno degli iniziatori del Rinascimento fiorentino insieme con Masaccio e Donatello, rispetto ai quali egli rappresentò anche un punto di riferimento. Inventore della prospettiva lineare centrica, vale a dire della prospettiva a punto unica di fuga, egli costituì il primo esempio di architetto e moderno, coinvolto, oltre che nella fase operativa e tecnica, anche nel processo di progettazione: grazie a lui, insomma, l’architettura si trasformò da arte puramente meccanica ad arte liberale basata sulla conoscenza storica, sulla geometria e sulla matematica.
Grazie al suo ingegno videro la luce opere monumentali contraddistinte da pulizia, chiarezza e ordine, realizzate a partire da moduli espressi in braccia fiorentine dai quali venivano ricavate proporzioni perfette in multipli e sottomultipli. Punto di partenza della sua arte, insomma, era la purezza di forme, garantita dall’impiego essenziale di elementi decorativi e dal ricorso all’arco a tutto sesto.