Approfondimenti
Su questa parete è raffigurata la storia del pittore greco Zeusi di Eraclea e le vergini, com’ è descritta da Plinio il Vecchio nel 35° capitolo della sua “Naturalis historiae”.
Zeusi riceve dagli abitanti di Agrigento la commissione per realizzare un ritratto femminile per il tempio di Giunone. Per realizzare questo ritratto, il pittore sceglie cinque fra le più belle fanciulle della città, che userà tutte insieme per unire la parte più bella di ognuna in un unico ritratto per raggiungere il massimo della bellezza femminile.
Al centro dell’affresco, sul lato destro, troviamo la dea Artemide di Efeso dai molti seni, protettrice delle vergini, a simboleggiare la virtù e la purezza che queste donne offrono all’arte.
Insieme alle vergini che attendono di entrare nella bottega del pittore Zeusi, Vasari fa un omaggio alle donne più importanti della sua vita: troviamo in basso i volti di sua moglie Nicolosa De’ Bacci e quello della madre Maddelena Tacci.
Entrando nella bottega di Zeusi, vediamo come il pittore sia intento a ritrarre, la parte più bella di ogni modella al fine, come dicevamo, di produrre un modello femminile perfetto. Vasari pensava alla natura come la musa ispiratrice dell’arte, non solo da imitare, ma anche, se possibile da superare.
A dividere la bellezza dell’arte rappresentata dalla bottega di Zeusi e la bellezza della natura rappresentata dalla belle vergini che attendono di entrare …. troviamo l’allegoria del disegno qui rappresentata con tre volti, in quanto il disegno è padre di tutte le arti …. della pittura, della scultura e dell’architettura.
Su questa parete troviamo anche due allegorie delle arti.
La prima sulla destra: l’allegoria della pittura qui raffigurata da un corpo femminile alato molto sensuale, intenta a completare il dipinto di Giovanni Battista patrono della città di Firenze.
All’altro estremo troviamo l’allegoria dell’architettura, facilmente identificabile dagli oggetti che tiene in mano. Questa figura dalle ali variopinte è un omaggio alla figura di Vasari come architetto.
Sulla parte superiore dell’affresco, come per ogni parete Vasari rende omaggio agli artisti.
In questa parete però Vasari inserisce i tre artisti da lui più amati e sono partendo dal lato sinistro: Raffaello, Michelangelo e Leonardo ultimo sul lato destro è Andrea del Sarto che Giorgio Vasari definì pittore “senza errori”.
Raffaello Sanzio (Urbino, 6 Aprile 1483 – Roma, 6 aprile 1520) Pittore e architetto nato ad Urbino nel 1483. Probabile allievo del padre Giovanni Santi e in seguito del Perugino, si affermò ben presto come uno degli artisti più rinomati, nonostante la sua giovane età. In quel periodo ad Urbino c’era una vera e propria scuola pittorica che influenzò il pittore profondamente, tanto che si può dire porterà sempre con sè le tracce dell’atmosfera creatasi in quel luogo, atmosfera piena di fermento e di linfa creativa.
Dei suoi primi anni di attività sono da ricordare il “Sogno del cavaliere”, lo stendardo di città di Castello, la tavola andata perduta con l’Incoronazione di S. Nicolò da Tolentino, la “Resurrezione del museo di S. Paolo”, e, verso il 1503, la “Incoronazione della Vergine” (conservata nei musei vaticani) e la “Crocifissione” della National Gallery.
In queste opere si notano ancora influenze tipicamente umbre della pittura del Perugino e del Pinturicchio, pur denotandosi già un distacco dai troppo decorativi motivi dei maestri per tendere a una maggiore consistenza plastica nella costruzione delle figure.
Primo esempio grandioso di questa concezione costruttiva è lo “Sposalizio della Vergine” (ora nella pinacoteca milanese di Brera), del 1504, nel quale il valore coloristico e compositivo dell’architettura di fondo denota la mano di un artista già profondamente capace.
Alla fine del 1504 Raffaello si reca a Firenze con l’intento dichiarato di studiare le opere di Leonardo Da Vinci, Michelangelo e fra Bartolomeo. La sua evoluzione artistica nel corso del soggiorno fiorentino può essere ripercorsa esaminando i numerosi dipinti sul tema della Madonna con il Bambino. Ancora di ispirazione umbra è la “Madonna del Granduca” mentre alcune prove successive mostrano l’influenza di Leonardo (ad esempio “La belle jardinière” o la “Madonna del Cardellino”). Lo studio dell’opera di Michelangelo, invece, risulta particolarmente evidente nella cosiddetta “Madonna Bridgewater” (conservata alla National Gallery di Edimburgo). L’ultimo dipinto eseguito a Firenze, la “Madonna del baldacchino”, rimase incompiuto a causa della partenza dell’artista per Roma. Qui gli viene affidato l’incarico di affrescare alcune pareti della Stanza della Segnatura. Sul soffitto dipinge in tondi ed in scomparti rettangolari alternati la Teologia, il Peccato originale, la Giustizia, Il giudizio di Salomone, la Filosofia, la Contemplazione dell’Universo, la Poesia, Apollo e Marsia. Dopo queste opere, l’artista realizza nel 1511 altre decorazioni delle Stanze Vaticane dipingendo nella stanza detta di Eliodoro le scene della Cacciata di Eliodoro, del Miracolo della Messa di Bolsena, della liberazione di S. Pietro e quattro episodi del Vecchio Testamento.
Contemporaneamente a queste opere del periodo romano, è da considerarsi egregia e interessante la raccolta di ritratti, nonché altre scene sacre e immagini di illustri e ignoti personaggi.
Nel 1514 dopo la morte del Bramante, che aveva già progettato San Pietro, il Papa lo nomina responsabile della cura dei lavori per la costruzione di San Pietro, lavorando inoltre alla realizzazione delle logge del palazzo Vaticano nel cortile di San Damasco.
Questa sua attitudine alle opere architettoniche viene spesso posta in secondo piano ma in realtà costituisce una parte fondamentale dell’attività del genio cinquecentesco. Non solo, infatti, ha realizzato la cappella Chigi in Santa Maria del Popolo ma ha anche studiato la facciata di San Lorenzo e del palazzo Pandolfini a Firenze. In questo campo, pur mantenendo quell’astratta armonia compositiva tipica delle sue opere pittoriche, è sempre assai influenzato dallo stile del Bramante.
Oltre a tutte queste opere universalmente note, Raffaello dipinse molte tele altrettanto interessanti. Tra i ritratti, genere in cui eccelleva per l’estremo realismo della rappresentazione e la capacità di introspezione psicologica, si ricordano quelli di Giulio II e di Leone X con due cardinali. Tra gli altri quadri di soggetto religioso è necessario almeno ricordare la “Trasfigurazione”, rimasta incompiuta alla sua morte e completata nella parte inferiore da Giulio Romano. La tela costituirà un modello importante per i pittori del Seicento, in particolare per Caravaggio e Rubens.
Muore a Roma il 6 Aprile 1520, a soli 36 anni, all’apice della gloria, osannato e ammirato dal mondo intero quale artista che aveva incarnato al meglio l’ideale supremo di serenità e di bellezza del rinascimento. Le sue spoglie furono sepolte al Pantheon monumento da lui profondamente amato.
Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=113&biografia=Raffaello+Sanzio
Michelangelo (Caprese, 6 Marzo 1475 – Roma, 18 Febbraio 1564) Nato il 6 marzo 1475 a Caprese, un piccolo paese della Toscana, vicino ad Arezzo, Michelangelo Buonarroti ancora in fasce viene portato dalla famiglia a Firenze. Figlio di Ludovico Buonarroti Simoni e di Francesca di Neri, viene avviato dal padre agli studi umanistici sotto la guida di Francesco da Urbino, anche se ben presto dimostra tale inclinazione al disegno che, in contrasto con i progetti paterni, passa alla scuola del già celebrato maestro fiorentino Ghirlandaio. Il maestro rimane stupefatto vedendo i disegni eseguiti dal tredicenne Michelangelo.
In possesso di una fortissima personalità e di una volontà ferrea fin da giovane, Michelangelo doveva per la verità rimanere, per contratto, almeno tre anni a bottega dal Ghirlandaio, ma nel giro di un anno abbandona la comoda sistemazione, anche a causa della grande passione per la scultura che egli nutriva, per trasferirsi nel Giardino di San Marco, una libera scuola di scultura e di copia dell’antico che Lorenzo de’ Medici aveva appunto istituito nei giardini di San Marco (dove fra l’altro i Medici avevano già raccolto una notevole collezione di statuaria classica), ponendovi a capo lo scultore Bertoldo, discepolo di Donatello.
Notato da Lorenzo il Magnifico, Michelangelo viene da lui accolto nel suo palazzo dove, a contatto con i grandi pensatori umanisti (tra i quali Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Poliziano), ha modo di arricchire la propria cultura. Alla corte dei Medici egli esegue le sue prime sculture, la “Battaglia dei Centauri” e la “Madonna della Scala”. Nel 1494, impaurito dalle voci di una prossima caduta dei Medici (nel novembre di quell’anno Carlo VIII era entrato a Firenze), Michelangelo fugge a Bologna ove, ammirati i rilievi di Jacopo della Quercia, scolpisce un bassorilievo per il Duomo di San Petronio.
Dopo un breve viaggio a Venezia, torna a Bologna e resta per circa un anno ospite di Gianfrancesco Aldrovandi, dedicandosi a studi letterari e al componimento scultoreo dell’arca di San Domenico.
Torna a Firenze nel 1495 e – nello stesso periodo in cui il Savonarola tuona contro il lusso e l’arte paganeggiante – crea il Bacco Ubriaco (Bargello). Si dirige quindi a Roma ove scolpisce la famosa “Pietà” Vaticana.
Fra il 1501 ed il 1505 è di nuovo a Firenze, subisce qualche suggestione leonardesca e produce una serie di capolavori: il “Tondo Doni” (Uffizi), il “Tondo Pitti” (Museo del Bargello), il perduto cartone per l’affresco della “Battaglia di Cascina” e l’ormai famosissimo David di marmo, collocato all’ingresso di Palazzo Vecchio come simbolo della Seconda Repubblica ma anche come apice dell’ideale rinascimentale dell’uomo libero e artefice del proprio destino.
Nel marzo del 1505 papa Giulio II chiama l’artista a Roma per commissionargli il monumento sepolcrale, dando così l’avvio ad una vicenda di contrasti con il pontefice e i suoi eredi, che si concluderà solamente nel 1545 con la realizzazione di un progetto assai ridotto rispetto al grandioso piano iniziale: il mancato compimento di quest’opera fu assai doloroso per Michelangelo, che ne parlò come di una “tragedia della sepoltura“.
Intanto i continui impegni costringono l’artista a continui spostamenti tra Firenze, Roma, Carrara e Pietrasanta, dove si prende cura personalmente della cava dei marmi per le sue sculture.
Nel maggio del 1508, dopo una clamorosa rottura e riappacificazione con papa Giulio II, firma il contratto per la decorazione del soffitto della Cappella Sistina, alla quale lavora ininterrottamente dall’estate di quell’anno fino al 1512. Cinquecento metri quadri decorati da un solo uomo in quattro anni di accanito lavoro e che rappresentano la piena espressione degli ideali artistici del Rinascimento affidati a un’interpretazione neoplatonica della Genesi.
Giulio II muore nel 1513 e si ripropone il problema del monumento funebre: di questo secondo incarico ci restano il Mosè e i due Schiavi (Schiavo Ribelle e Schiavo Morente) conservati al Louvre, anche se di fatto la tomba completa sarà completata solo nel 1545, con un’ultima versione, in gran parte affidata agli aiuti.
Michelangelo comunque lavora anche ai progetti per la facciata di San Lorenzo, e a quelli per le tombe Medicee, al Cristo per Santa Maria sopra Minerva. Nell’autunno del 1524 il nuovo papa dei Medici, Clemente VII, fa iniziare all’artista i lavori per la biblioteca Laurenziana e proseguire quelli per la tomba che, principiate nel 1521, saranno portati a termine solo nel 1534, anno in cui Michelangelo si stabilisce definitivamente a Roma.
Verso il settembre dello stesso 1534 sono le prime trattative per il Giudizio Finale, che doveva coprire la parte dell’altare della Cappella Sistina; quest’opera che doveva suscitare tanto successo e tanto clamore, verrà terminata dall’artista nel 1541.
Gli avvenimenti personali di questo periodo hanno una eco anche sull’arte di Michelangelo, soprattutto l’amicizia con Tommaso de’ Cavalieri, al quale dedica poesie e disegni, e l’amore per la poetessa Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, che lo avvicina ai problemi della riforma e alle idee circolanti nell’ambiente dei Valdes.
Tra il 1542 e il 1550 l’artista attende agli affreschi per la cappella Paolina, sempre in Vaticano, si dedica alle imprese architettoniche, come il compimento di Palazzo Farnese, la sistemazione del Campidoglio, e soprattutto i lavori per San Pitro, alla cui fabbrica viene preposto da Paolo III nel 1547, e porta a termine diverse sculture, dalla pietà del duomo di Firenze, alla quale lavora nel 1555, alla estrema incompiuta Pietà di Rondinini.
Michelangelo già dai contemporanei fu acclamato come il maggiore artista di tutti i tempi, e influì grandemente su tutta l’arte del secolo. Ammirato senza riserve da alcuni, odiato da altri, onorato dai papi, imperatori, principi e poeti, Michelangelo Buonarroti muore il 18 febbraio 1564.
Leonardo (Anchiano, 15 Aprile 1452 – Amboise, 2 Maggio 1519) Tra Empoli e Pistoia, sabato 15 aprile 1452, nel borgo di Vinci nasce Leonardo di Ser Piero d’Antonio. Il padre, notaio, l’ebbe da Caterina, una donna di Anchiano che sposerà poi un contadino. Nonostante fosse figlio illegittimo il piccolo Leonardo viene accolto nella casa paterna dove verrà allevato ed educato con affetto. A sedici anni il nonno Antonio muore e tutta la famiglia, dopo poco, si trasferisce a Firenze.
La precocità artistica e l’acuta intelligenza del giovane Leonardo spingono il padre a mandarlo nella bottega di Andrea Verrocchio: pittore e scultore orafo acclamato e ricercato maestro. L’attività esercitata da Leonardo presso il maestro Verrocchio è ancora da definire, di certo c’è solo che la personalità artistica di Leonardo comincia a svilupparsi qui.
Possiede una curiosità senza pari, tutte le disclipline artistiche lo attraggono, è un acuto osservatore dei fenomeni naturali e grandiosa è la capacità di integrarle con le sue cognizioni scientifiche.
Nel 1480 fa parte dell’accademia del Giardino di S. Marco sotto il patrocinio di Lorenzo il Magnifico. E’ il primo approccio di Leonardo con la scultura. Sempre un quell’anno riceve l’incarico di dipingere l’Adorazione dei Magi per la chiesa di S. Giovanni Scopeto appena fuori Firenze (oggi quest’opera si trova agli Uffizi). Tuttavia, l’ambiente fiorentino gli sta stretto.
Si presenta allora, con una lettera che rappresenta una specie di curriculum in cui descrive le sue attitudini di ingegnere civile e costruttore di macchine belliche, al Duca di Milano Lodovico Sforza, il quale ben lo accoglie. Ecco nascere i capolavori pittorici: la Vergine delle Rocce nelle due versioni di Parigi e di Londra, e l’esercitazione per il monumento equestre in bronzo a Francesco Sforza. Nel 1489-90 prepara le decorazioni del Castello Sforzesco di Milano per le nozze di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d’Aragona mentre, in veste di ingegnere idraulico si occupa della bonifica nella bassa lombarda. Nel 1495 inizia il famoso affresco del Cenacolo nella chiesa Santa Maria delle Grazie.
Questo lavoro diventa praticamente l’oggetto esclusivo dei suoi studi. Verrà terminata nel 1498. L’anno successivo Leonardo fugge da Milano perché invasa dalle truppe del re di Francia Luigi XII e ripara a Mantova e Venezia.
Nel 1503 è a Firenze per affrescare , insieme a Michelangelo, il Salone del Consiglio grande nel Palazzo della Signoria. A Leonardo viene affidata la rappresentazione della Battaglia di Anghiari che però non porterà a termine, a causa della sua ossessiva ricerca di tecniche artistiche da sperimentare o da innovare.
Ad ogni modo, allo stesso anno è da attribuire la celeberrima ed enigmatica Monna Lisa, detta anche Gioconda, attualmente conservata al museo del Louvre di Parigi.
Nel 1513 il re di Francia Francesco I lo invita ad Amboise. Leonardo si occuperà di progetti per i festeggiamenti e proseguirà con i suoi progetti idrologici per alcuni fiumi di Francia. Qualche anno dopo, precisamente nel 1519, redige il suo testamento, lasciando tutti i suoi beni a Francesco Melzi, un ragazzo conosciuto a 15 anni (da qui, i sospetti sulla presunta omosessualità di Leonardo).
Il 2 Maggio 1519 il grande genio del Rinascimento spira e viene sepolto nella chiesa di S. Fiorentino ad Amboise. Dei sui resti non vi è più traccia a causa delle profanazioni delle tombe avvenute nelle guerre di religione del XVI secolo
Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=122&biografia=Leonardo+da+Vinci
Andrea d’Agnolo di Francesco di Luca di Paolo del Migliore Vannucchi, meglio conosciuto come Andrea del Sarto (Firenze, 16 Luglio 1486 – Firenze, 29 Settembre 1530) , nacque a Firenze il 16 luglio 1486.
Il Vasari lodando le sue opere – nell’esattezza delle forme, nella fluidità della stesura e rapidità d’esecuzione – lo descrisse come pittore “senza errori”. L’artista era molto di più di come lo presentò il grande storico aretino, e tale lode appare attualmente alquanto riduttiva se si pensa che esso, erede della cultura fiorentina, non si accontentò solo di svolgere quella vasta varietà di tematiche ma volle affrontarla nella ricerca di un linguaggio più garbato e nell’elaborazione formale.
Andrea ebbe come allievi i pionieri del Manierismo (i coetanei e conterranei Rosso Fiorentino e Pontormo), ma a differenza di loro non perseguì quelle ardite spregiudicatezze nelle trasfigurazioni dei soggetti ma portò innovazioni alla pittura tradizionale in maniera elegante, conferendo monumentalità alle figure, attraverso uno assiduo studio circa la tecnica e la cromia, impiegando i più moderni spunti allora reperibili [Zuffi, cit., pag. 252].
A soli sette anni entrò come apprendista nella bottega di un orafo e più tardi passò in quella del pittore Gian Barile il quale, notando subito il grande talento del ragazzo, pensò di affidarlo Piero di Cosimo (1462 – 1521). Qui apprese le varie tecniche predisponendosi al gusto della ricerca e della sperimentazione.
La principale fonte artistica sulla vita di Andrea – lo riporta il Vasari nelle Vite – era Palazzo Vecchio «dove era il cartone [della Battaglia di Cascina] di Michelangelo Buonarroti e quello [la Battaglia di Anghiari] di Lionardo da Vinci», luogo in cui spesso si recava per prendere importanti spunti, evidenziandosi presto in quegli ambienti come un valente copista. Qui conobbe Franciabigio (1482 – 1525), col quale strinse amicizia che subito portò ad un rapporto di collaborazione tra i due e lo mantenne lontano dalla «stranezza di Piero che era già vecchio».
Lasciata quindi la bottega del suo maestro si trasferì insieme al collega in una stanza, che faceva allo stesso tempo da abitazione e da laboratorio, in piazza del Grano, nei pressi dei futuri Uffizi. Tale iniziativa ebbe sviluppi particolarmente importanti poiché in quel periodo Leonardo e Raffaello si allontanarono da Firenze mentre Michelangelo mancava dal capoluogo toscano già dal 1504. Si era creato quindi un temporaneo vuoto di maestri “moderni” che Andrea, il giovane talento ventiduenne, dovette colmare.
Il 12 dicembre 1508 si iscrisse all’Arte dei Medici e degli Speziali. Le prime opere, sue e di Franciabigio, echeggiano pittori ad essi più familiari, tra i quali si possono citare con certezza Fra’ Bartolomeo e Mariotto Albertinelli, nonché Raffaello.
Al Convento della Santissima Annunziata
Nel 1460 Alesso Baldovinetti (Firenze, 1425 – Firenze, 1499), su committenza dei frati del convento della Santissima Annunziata, iniziò la decorazione del Chiostro dei Voti, che più tardi fu portata avanti da Cosimo Rosselli (1439 – 1507), il quale non riuscì a terminarli. Nel 1509 la continuazione dell’opera fu affidata ad Andrea del Sarto con cinque Storie relative ai miracoli di san Filippo Benizzi; gli affreschi furono consegnati l’anno successivo.
La descrizione vasariana dei riquadri realizzati da Andrea evidenzia un vivace gusto per la narrazione, che richiama le decorazioni del Ghirlandaio nelle chiese di Santa Maria Novella (Cappella Tornabuoni) e di Santa Trinita (Cappella Sassetti), ma con un linguaggio più moderno, dal ritmo più movimentato e irrequieto, anche ispirato alle atmosfere leonardesche.
Negli anni immediatamente successivi, per il completamento delle lunette dello stesso ciclo, furono chiamati vari artisti, tra cui si ricordano Rosso Fiorentino e Pontormo i quali, ispirandosi alla pittura di Andrea, e dovendo ancora per molto realizzare una grande quantità di altre opere legate al santuario, instaurarono di fatto una vera e propria “Scuola”. Questa si contrapponeva a quella fondata da Fra’ Bartolomeo in San Marco con il fedele Mariotto Albertinelli.
Fonti: http://www.frammentiarte.it/2014/0-01-biografia-di-andrea-del-sarto/ – https://www.uffizifirenze.it/andrea-del-sarto.html