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GIORGIO VASARI E LA SALA GRANDE

Giorgio Vasari, architetto, pittore, storico dell’arte, è una delle figure più interessanti ed affascinanti del Rinascimento Italiano.
Nato ad Arezzo nel 1511, Vasari giunge tredicenne a Firenze, dove riceve una prima formazione artistica, frequentando le botteghe del pittore Andrea del Sarto. Nel 1524 esordisce come pittore e pochi anni dopo, nel 1532, entra a far parte della schiera di artisti al servizio della famiglia Medici. In quello stesso anno, Vasari compie il suo primo viaggio a Roma, dove ha modo di studiare i capolavori dell’arte antica e le opere dei suoi contemporanei. Nel 1537, in seguito all’uccisione del duca Alessandro de Medici, suo protettore, Vasari, lascia Firenze e negli anni successivi soggiorna e lavora a Roma, Bologna, Venezia e Napoli.

PALAZZO VECCHIO
Nel 1555, dopo diversi anni di assenza, Giorgio Vasari fa ritorno a Firenze, in un momento storico, in cui il Granduca Cosimo I, alla guida della città e della Toscana, si fa promotore di una serie di iniziative artistiche, volte a consolidare il potere della famiglia Medici. Nell’attuazione di questo piano celebrativo, Vasari diventa una figura chiave, assumendo incarichi come pittore, architetto e scenografo e donando alla città un volto nuovo. Ristruttura e decora gli ambienti interni di Palazzo della Signoria, che il Granduca aveva scelto come residenza privata e sede della propria corte. Aiutato da una schiera di giovani artisti, Vasari porta a termine la decorazione dei vari ambienti del palazzo nel 1562, per poi dedicarsi all’imponente e maestoso Salone del Cinquecento, dove la gloria di Firenze si identifica con quella dei Medici, celebrata con raffigurazioni di guerre vittoriose, ingressi trionfali ed incoronazioni. L’impresa decorativa di Palazzo Vecchio si conclude nel 1572 con la realizzazione dello Studiolo di Francesco I.

CORRIDOIO VASARIANO
Nel 1560, Cosimo I affida a Vasari, un secondo importante progetto, ovvero la costruzione di un imponente edificio destinato ad ospitare le tredici più importanti magistrature fiorentine. Il palazzo degli Uffizi è oggi noto internazionalmente come sede di uno dei più antichi e prestigiosi musei d’Europa. Dalla caratteristica struttura ad U, l’edificio viene ideato come scenografico raccordo spaziale tra la piazza della Signoria e il fiume Arno.
In occasione del matrimonio del figlio Francesco con Giovanna d’Austria del 1565, il Granduca ordina allo stesso Vasari l’apertura di un passaggio sopraelevato segreto, che metta in comunicazione il Palazzo del potere con Palazzo Pitti, nuova residenza della famiglia Medici. In soli sei mesi il corridoio “vasariano” viene portato a compimento.
A queste importanti commissioni medicee, Vasari affianca, negli stessi anni, ulteriori incarichi, tra cui il riordinamento delle chiese di Santa Croce e Santa Maria Novella secondo i dettami della Controriforma, la sistemazione delle logge di Piazza del Grano ad Arezzo, le decorazioni nelle tre Cappelle Pie e nella Sala Regia in Vaticano.
Vasari ebbe, inoltre, un importante ruolo nella fondazione, sotto gli auspici di Cosimo I, della Accademia delle Arti e del Disegno, una delle prime accademie d’arte d’Europa, volta a formare le future generazioni di artisti.

CASA VASARI E LA SALA GRANDE
Nel 1557, il granduca Cosimo concede in affitto a Vasari l’edificio posto in Borgo Santa Croce (oggi sita al civico numero otto), a due passi dalla Basilica di Santa Croce. Quattro anni più tardi, su insistenza dello stesso artista, l’abitazione gli viene donata in segno di riconoscenza per i suoi servizi artistici. Intorno al 1572, con la collaborazione della sua bottega, Vasari affresca le pareti della Sala Grande, al piano nobile, raffigurando storie di artisti, tratte dalle Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio, allegorie delle Arti e una serie di tredici ritratti d’importanti pittori, scultori e architetti italiani. Questo programma decorativo, probabilmente riconducibile al pensiero dell’umanista Vincenzo Borghini, amico dell’artista, è concepito come autocelebrazione della figura di Vasari come artista e letterato. Riprendendo alcune delle tematiche pittoriche già affrontate negli affreschi della sua residenza ad Arezzo, decorata tra il 1542 e il 1548, l’abitazione fiorentina, racchiude, inoltre, una sorta di testamento delle riflessioni teoriche di Vasari sull’arte.

Alla centro dell’imponente camino sul lato ovest, Vasari, raffigura il suo autoritratto affiancato dagli stemmi della sua famiglia e della moglie Nicolosa Bacci. Sulla sinistra, è rappresentato un giovinetto inginocchiato, che alla luce di una lanterna, ripassa sulla parete la sua ombra. Vasari stesso offre la spiegazione di questa scena nel proemio alle “Vite” dove un lungo passaggio è dedicato alla questione dell’origine dell’arte. Facendo riferimento a Plinio, autore latino della “Naturalis historiae”, Vasari racconta la storia di Gige, giovane originario della Lidia, il quale, seduto al focolare, osserva la sua ombra e poi, incuriosito, la riproduce sulla parete con un pezzo di carbone. Secondo l’interpretazione di Vasari, Gige sarebbe quindi stato il primo artista, e all’origine dell’arte vi sarebbe un autoritratto, concepito per motivi puramente narcisistici.

Sulla parete a nord, Vasari raffigura la storia di Apelle e il ciabattino, basandosi, anche in questo caso, sulla versione narrata da Plinio. Il pittore greco Apelle, terminata una sua opera, aveva l’abitudine di esporla in pubblico, poiché riteneva che dal giudizio degli osservatori non competenti spesso potessero scaturire molte indicazioni giuste. Egli stesso, in tali occasioni, usava nascondersi per evitare di influenzare le opinioni del pubblico con la sua presenza. Un giorno giunse ad ammirare un’opera di Apelle un ciabattino, che, dopo aver osservato attentamente il dipinto raffigurante la Dea Diana, criticò duramente il modo in cui erano stati raffigurati i calzari. Apelle, ritenendo la critica appropriata, corresse il dipinto, seguendo le indicazioni ricevute. Il giorno seguente, lo stesso ciabattino ritornò, una seconda volta, ad ammirare l’opera. Rallegratosi del fatto che Apelle avesse dato ascolto alle sue parole, il ciabattino mosse una nuova critica, questa volta, giudicando la maniera in cui era stata dipinta una gamba. Adirato, Apelle uscì fuori dal suo nascondiglio e redarguì il ciabattino con la frase, divenuta proverbiale: Ciabattino, non andare oltre le scarpe“, ossia, in altre parole, non spingerti oltre il campo per il quale sei competente. Questa storia introduce un tema importante nella critica e teoria artistica cinquecentesca, ovvero a chi, tra l’artista e il conoscitore d’arte, spetti il compito di esprimere un giudizio valido sull’arte.

Il tema centrale dell’intero apparato decorativo, viene rivelato dall’affresco presente sulla parete sul lato est, opposta al camino. Qui, in due scene, viene raffigurata la storia del pittore greco Zeusi di Eraclea e delle belle vergini, narrata da Plinio nel XXXV capitolo della sua Naturalis historiae. Il pittore Zeusi fu incaricato dagli abitanti della città di Agrigento di realizzare un ritratto femminile destinato al tempio di Giunone. Il pittore non scelse una sola ragazza come modella ma convocò a posare nella sua bottega cinque fra le più belle fanciulle della città. Di ciascuna ritrasse la parte più bella, in modo da ottenere un ritratto femminile ideale, di una bellezza superiore a quella esistente in natura. Questa storia, concepita per illustrare la superiorità dell’arte nei confronti della natura, riprende la questione, già tanto discussa fin dall’antichità, del rapporto fra natura e arte. Vasari intese la natura come la maestra dell’arte, che doveva essere, però, non soltanto imitata, ma anche superata grazie all’intelletto e all’abilità dell’artista. Egli tematizza questo concetto nello stesso affresco, contrapponendo fra loro le due sequenze del racconto: sul lato destro le vergini condotte alla bottega del pittore rappresentano la bellezza offerta dalla Natura, simboleggiata dall’erma di Artemide di Efeso, dalle molteplici mammelle, venerata in antichità come Dea Natura. Sul lato sinistro, invece, è raffigurato Zeusi nel suo atelier davanti al cavalletto, intento a fondere, in virtù del processo creativo artistico, i modelli della natura in una composizione perfetta. Il ruolo di mediatore fra il mondo naturale e quello artistico è svolto dal disegno, inteso, come elemento alla base di ogni forma d’arte.

Uno dei dibattiti artistici centrali del XVI secolo riguardò il paragone fra i generi artistici. In particolar modo, fu posto in discussione a quale delle tre arti figurative (pittura, scultura o architettura) spettasse la superiorità. Mentre altri artisti propendevano a favore di un genere, Vasari si espresse con cautela sottolineandone le affinità piuttosto che i contrasti. Secondo la concezione vasariana, alla base di ogni arte vi è disegno, inteso non semplicemente come azione pratica, ma come momento intellettuale nel processo di creazione dell’opera d’arte. A questo concetto si riconduce la raffigurazione delle allegorie delle arti, che elegantemente incorniciano le scene principali della Sala Grande. Oltre all’allegoria della pittura, della scultura e dell’architettura, Vasari dipinse l’allegoria della poesia, un omaggio alla sua attività di letterato. L’allegoria della musica è invece un’aggiunta del XIX secolo, eseguita quando nella sala fu chiusa una porta, oltre la quale una scala conduceva al piano superiore.

Completa l’apparato decorativo il fregio superiore, raffigurante putti che sorreggono festoni vegetali, intervallati da tredici ritratti di artisti, volti a simboleggiare, per la loro importanza, il progresso dell’arte. Giotto e Cimabue sono presenti come precursori, Brunelleschi, Donatello e Masaccio come fondatori dell’arte rinascimentale, ai quali seguono Leonardo da Vinci, Raffaello e e Michelangelo, quest’ultimo ammirato da Vasari per tutta la vita. Inoltre vi sono i ritratti dei due allievi di Raffaello, Perin del Vaga e Giulio Romano, di Andrea del Sarto, uno dei maestri di Vasari e quello del Rosso Fiorentino la cui arte influenzò l’artista aretino, nei primi lavori, e infine il ritratto di Francesco Salviati, insieme al quale Vasari aveva lavorato a Roma. Il modello per questi ritratti furono le incisioni, che arricchirono la seconda edizione delle “Vite Vasariane”, apparsa a Firenze nel 1568 in una versione corretta ed ampliata.

DUOMO
Nel 1574, alla sua morte, l’artista aretino, lascia incompiuta la decorazione della cupola del Duomo, per il cui progetto si conservano diversi disegni preparatori.
Oltre ad affermarsi come pittore ed architetto Vasari è diventato celebre per la sua attività come biografo e teorico dell’arte. Nel 1550 furono pubblicate le sue Vite de’ più celebri pittori, scultori e architetti”, a cui, nel 1568, seguirà una seconda edizione ampliata. In questa fondamentale opera della storiografia artistica italiana, Vasari elabora il concetto della nascita e dell’evoluzione dell’arte in tre età, che culmina con l’età moderna simboleggiata dall’opera di Michelangelo.

 

Software montaggio video: Imovie
Fotografia e riprese: Sony RX10M3